Il libro di tutte le cose
una coproduzione Teatro Pan, Bam!Bam Teatro, LAC Lugano, Repubblica e Canton Ticino DECS Swisslos,
Comune di Lugano e con il sostegno del Dipartimento delle istituzioni.
dal romanzo Di Guus Kuijer
scritto da Lorenzo Bassotto e Monica Ceccardi
con Lorenzo Bassotto, Viviana Gysin, Roberto Maria Macchi, Cinzia Morandi
disegno scene e costumi di Beatrice Alemagna
realizzazione scene Roberto Maria Macchi
musiche originali Olmo Chittò
maschere e pupazzo di Alessandra Faienza
realizzazione costumi Floriana Setti
light design di Claudio Modugno
aiuto regia Monica Ceccardi
regia Lorenzo Bassotto
“Thomas vedeva cose che nessun altro vedeva”. Vedere cose che gli altri non vedono, dare spazio all’unicità e alla straordinarietà della visione di un bambino. Attraverso il suo sguardo la realtà si trasforma, ma cos’è poi la realtà? Non scegliamo di raccontare la storia di un bambino ma di diventare tutti noi quel bambino. Il romanzo di Guus Kuijer “Il libro di tutte le cose” ce lo consente ed è il motivo principale della fascinazione che il testo suscita.
Il romanzo di Kuijer ci racconta di un mondo famigliare fatto di solitudini. Nella famiglia di Thomas sono tutti soli: È solo il padre/padrone, schiacciato nella e dalla sua fede religiosa che vive in maniera violenta e autoritaria, è sola
la sorella Margot, nascosta dietro una maschera di frivolezza che indossa per poter tollerare la violenta pesantezza dei diktat della casa, è sola anche la madre, vittima di violenze da parte del marito, e vittima anche di se stessa, donna devota all’immagine della famiglia tradizionale e del suo imprescindibile valore, anche quando questo valore sembra sgretolarsi sotto i colpi della violenza.
Nel mondo di oggi, così magistralmente raccontato da Kuijer, la solitudine ci ha presi in ostaggio. La famiglia non é più il filo di una rete, è solo un nucleo. E questo è un male. La luce, nel romanzo, arriva ad inondare la pagina quando quella che tutti pensavano fosse la matta/ strega del paese, la signora Van Amersfoort, si rivela una persona straordinaria, che non solo sa, perché sente, quello che accade nella famiglia di Thomas, ma è decisa ad aiutarlo. Il romanzo è ambientato in Olanda, se però fosse ambientato in Sardegna, potremmo rintracciare in ciò che accade tra Thomas e la signora Van Amersfoort, l’eco di quello che in Sardegna viene chiamato fillus de anima, e che abbiamo imparato a conoscere grazie a Michela Murgia e al suo bellissimo romanzo ‘Accabadora’, un romanzo che parla di famiglie che s’incontrano secondo una regola completamente diversa. Quella della comunità. Nel romanzo della Murgia una giovane ragazza diventa figlia di anima della protagonista, la Accabadora: ‘agabbadòra, lett. “colei che finisce”, deriva dal sardo s’acabbu, “la fine” o dallo spagnolo acabar, “terminare”) denota la figura storicamente incerta di una donna che si incaricava di portare la morte a persone di qualunque età , nel caso in cui queste fossero in condizioni di malattia tali da portare i familiari o la stessa vittima a richiederla. La Accabadora è una figura femminile che attinge all’antico archetipo della donna strega: la donna che non è moglie e madre e che è libera di autodeterminarsi, libera lei, rende liberi gli altri.. Da sempre queste figure femminili hanno spaventato l’immaginario collettivo, a trazione prevalentemente maschile, e sono state smi- nuite o relegate, comunque incasellate in definizioni che potessero in qualche modo rimpicciolirle o neutralizzarle.